mercoledì 20 dicembre 2006

Sfiga, sopruso, mobbing.

Storia di un operaio metalmeccanico, ora traumatizzato e disoccupato.

Voglio raccontarvi una storia, rifletta chi ha avuto la fortuna di essere sempre in buona salute, a volte la fortuna volta le spalle.

Ho lavorato trent'anni presso una nota azienda meccanica, ("officine meccaniche" presso Pinerolo, TO Italy) era il lontano 1975 , ed ero un giovane ragazzo volenteroso, presi a lavorare con buona volontà in quella piccola fabbrica (piccola al tempo).
A quel tempo eravamo in 6 operai il Padrone e un suo fratello, l'Uno era spesso fuori sede e l'altro faceva scorrere il tempo come poteva in attesa della pensione... Noi si faceva molte ore, fino a 230 ore al mese, e si faceva la gara a chi svolgeva il lavoro con maggiore velocità... altri tempi!
Credo, senza falsa modestia, che siamo stati i primi veri motori funzionanti e fondamenta di questa officina meccanica la quale poi si ingrandì e pian piano con gli anni contò 43 dipendenti.
Nel frattempo cambiò anche la dirigenza.

L'anziano datore di lavoro cedette l'azienda a quattro persone sue fidate.

Improvvisamente, nel marzo 2002, una settimana di dolori allucinanti.
Avevo lo sterno deformato, sollevato di due dita da un lato e di un preoccupante colore bluastro, ...in pratica mi colse una mediastinite purulenta, (sacca di pus sopra il cuore, in mezzo ai polmoni, situata nel mediastino) diagnosticata all'ultimo minuto, dopo sei giorni, con una Tac ed operato d'urgenza fui salvato in extremis all'ospedale Molinette di Torino.
Il chirurgo nel quale ebbi la fortuna di imbattermi e che mi operò alle ore 21 della vigilia di Pasqua mi diede al massimo tre ore di vita se non operava immediatamente, gli chiesi se avevo qualche speranza. Lui mi disse: forse si, perchè lei è ancora giovane. (in seguito mi consiglio di accendere un cero alla Madonna).
Passai 6 ore sotto i ferri in sala operatoria.
Mi salvai e dopo 12 giorni di degenza, due flebo di antibiotici per tre volte al giorno più le altre di nutrimento, antidolorifici ecc. tubi e tubetti, tre tubi di drenaggio, più uno nel costato per spurgo dell'acqua, mi dimisero.
Avevo i polmoni e il sistema linfatico collassati.
Riuscii ad avere la forza di parlare, non mi usciva la voce, e camminare con calma dopo un mese. Dopo tre mesi ritornai al lavoro con le gambe malferme.
Ho avuto in questi anni molti problemi: polmoni collassati all'inizio, bronchiti e infezioni facili, queste sempre con febbre alta, sempre con picco di 41-41,5 gradi, riniti, tachicardie ecc. per cui mi sono curato con montagne di antibiotici e anche psicofarmaci. Sono a forte rischio bronchite e polmonite. Per questo ho dovuto fare diverse assenze a causa malattia, ma tuttavia non tanto da dovermi o potermi loro licenziare.

Un brutto giorno dell'ottobre 2005 ritornai al lavoro al termine di un periodo di assenza giustificata per malattia di qualche giorno a causa di una cistite con febbre altissima e conseguente cura con dosi massicce di antibiotici.
I datori di lavoro mi chiamarono in ufficio, a parere loro stavo troppi giorni a casa in malattia.

Premetto che ero operaio fresatore specializzato di quinto livello, da sempre, trent'anni, ho lavorato a torni rettifiche e fresatrici e appunto da 15 anni fisso alla fresatrice, fresatore attrezzista di alto livello specializzato in qualsiasi genere di lavorazione, creazione di qualsiasi tipo di pezzo a disegno, manutenzione ecc.(presse, stampi, robotica ecc.)
Particolari destinati al mercato Italiano e Internazionale.
Il lavoro che svolgevo in una giornata un altro operaio lo svolgeva in tempo doppio o triplo o peggio... per molti particolari c'era chi non sapeva da dove iniziare. Ma non è servita la grande esperienza, velocità, padronanza del mio lavoro.
Anzi devo dire che nel corso degli anni ero stato sempre più isolato, perchè io lavoravo ad una "semplice" macchina utensile manuale per cui mi avevano piazzato esattamente in un angolo, dietro alle macchine a controllo numerico, ed ero ormai ad una distanza di 10 metri dall'operaio più vicino, con possibilità quasi nulla di scambiare parola. Così è stato per anni. Questo probabilmente anche per il fatto che in questo modo i visitatori e clienti passando vedevano le macchine belle, nuove e costose... che lavoravano i loro preziosi materiali.
(che poi forse passavano a me...)
Ho sempre lavorato freneticamente ed in modo stressante, la parola d'ordine era: URGENTE. Spesso si iniziava un lavoro, poi arrivava un altro più urgente e si smetteva con il primo, poi arrivava l'altro ancora più urgente, poi l'altro urgentissimo... e via così, a volte si smetteva e iniziava 5-6 lavorazioni diverse nell'arco della giornata... poi l'urgenza della manutenzione, un pezzo rotto da rifare al volo, perchè "le macchine sono ferme".
Contavo i carrelli di ferro colmi di pezzi da fresare. Lo stres era enorme. Per sette anni ho avuto un tratto da compiere in auto di quasi 70 km per recarmi al lavoro ed altrettanti per tornare, il mattino a volte facevo i salti mortali, per non dire peggio, perchè avevo il terrore di arrivare in ritardo, a causa di quella maledetta "bollatrice" che causava il panico del ritardo.
La sera mi si chiudevano gli occhi per lo stress, lo sforzo era immane, ho rischiato la pelle mille volte, e di conseguenza la pelle altrui, eppure a casa dovevo pur ritornare.

Concludendo avevano tre semplici (per loro) soluzioni in mano e me le offrirono, senza mezzi termini, erano queste:
La macchina utensile a cui lavoravo da quindici anni l'avrebbero assegnata in modo permanente ad un altro operaio, ed io dovevo adattarmi a svolgere qualunque tipo di lavoro che mi avessero assegnato in qualsiasi momento. Testuali parole: "il mattino quando arrivi" mi avrebbero detto fai questo o fai quello... (cioè dequalifica della mia professionalità... si dice anche jolly della fabbrica...)
Pagarmi io i contributi e lavorare come lavoratore esterno.
Cercarmi, io, un altro lavoro e mi avrebbero tenuto ancora fino a che avessi trovato il nuovo lavoro.
Sentito questo io, non ancora ristabilito psicologicamente e fisicamente, mi sentii come un essere inutile e sottoposto, difficile descrivere il mio stato d'animo (tipo un Fantozzi...) a quel punto chiesi di firmare la lettera di dimissioni e andarmene, (...). In pratica in quel delicato momento le loro parole non mi lasciavano alternativa, mi fecero sentire in colpa ed escluso. E risparmiarono pure la buona uscita ...

E' vero che un giorno saremo giudicati per il bene e per il male? Bene, allora si dice gli ultimi saranno i primi.
Ho perso la capacità di vedere lontano, non riesco più a pensare a medio o lungo termine, vivo alla giornata e con questa speranza.

P.S. Ora sono disoccupato. L'immagine che vedete in alto è simbolica: tutti noi vorremmo concludere qualcosa di concreto prefissato, raggiungere degli obiettivi, ma non è detto che questo sia o sarà concesso.